Così mi sono sentito in fila per la confessione

Fa ciò che predichi, dicono. Mi viene ricordata questa ammonizione ogni volta che ho bisogno di trovare il tempo per il sacramento della Penitenza. Spesso vado a confessarmi da un sacerdote che vive con me nel presbiterio, ma di tanto in tanto mi metto in fila per la Confessione come qualsiasi cattolico e attendo pazientemente di ricevere la misericordia.

Di recente, tuttavia, sono stato testimone di eventi sconcertanti mentre ero in fila davanti al confessionale. La parola “shock” non descrive neanche lontanamente quello che ho sperimentato mentre guardavo chi mi era vicino.

Iniziamo dal principio. Erano le nove di mattina del primo giovedì del mese. Sono entrato nella chiesa più grande della città e mi sono reso conto che la fila al confessionale era lunga. C’erano circa 20 persone in fila un attimo prima che il sacerdote arrivasse. Mi sono inginocchiato a pregare e a compiere un altro esame di coscienza. Mi sono poi avvicinato all’ultima persona che era in fila ed ho atteso pazientemente.

Ben presto, però, l’atmosfera è diventata tesa. Tutti quelli che aspettavano scrutavano con ansia le porte che i confessori dovevano aprire. Alcuni guardavano l’orologio e alzavano gli occhi. Alle 9.02 è apparso il sacerdote. La fila si è divisa in file più piccole ed è iniziato il caos totale.

Un mormorio si è diffuso tra la gente in attesa, e si potevano sentire cose del tipo “C’ero prima io!”, o “Lei non stava qui!”. In un minuto, qualcuno guidato dall’istinto e dall’impazienza ha creato una linea alternativa per mettere in pratica le parole delle Scritture “Gli ultimi saranno i primi”. Alcuni si rimproveravano a vicenda, altri fingevano che non stesse accadendo niente. Fortunatamente, c’erano anche persone meno testarde per le quali non era un problema aspettare un minuto o due in più per ricevere la misericordia.

Imbarazzato, stavo rimuginando sulla situazione quando qualcuno mi ha fatto un cenno e ha detto: “Tocca a lei”. Grazie a Dio nessuno è rimasto ferito e le vetrate delle finestre sono rimaste intatte, e tuttavia ero davvero in preda all’ansia.

La mia Confessione mi ha aperto gli occhi su alcune cose. In primo luogo, come confessore sapevo a malapena com’è la situazione dall’altro lato della grata del confessionale. Non ero consapevole del linguaggio forte e della rabbia tra i penitenti. Il sacramento della Penitenza è fonte di stress, e tuttavia un momento prima di avvicinarsi al confessionale si possono ancora aggiungere dei peccati.

Viviamo in un mondo impaziente, geloso e sospettoso, e siamo pronti a sacrificare un’altra persona per via della nostra irascibilità. In secondo luogo, abbiamo dominato l’abilità dell’astuzia. Un momento prima della confessione dei nostri peccati siamo ancora capaci di indurire il nostro cuore e di offendere il prossimo. Una Confessione del genere ha senso? Gesù può farsi breccia nella nostra ipocrisia e nel nostro essere farisei?

La Confessione non è solo l’ammissione dei nostri peccati, ma anche una forma di impegno a fare tutto ciò che è in nostro potere per cambiare e intraprendere lo sforzo della conversione. Senza questo impegno, abbiamo fede solo a parole.

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